L’articolo pubblicato il 4 aprile sulla testata Avvenire a pagina 19 a firma Antonio Maria Mira, plaude alla chiusura della rete di Stato di raccolta dei Giochi Pubblici annunciando che ciò “farà risparmiare agli italiani almeno 5 miliardi e mezzo di euro al mese, 1 miliardo e 260 milioni alla settimana, 180 milioni al giorno”, ribadendo l’errata informazione già diffusa a metà febbraio, a firma Maurizio Fiasco, nella quale si affermava che gli italiani nel 2019 avrebbero giocato oltre 110 miliardi di euro, arrivando a dire che “a ogni italiano va attribuito un consumo lordo di gioco d’azzardo pari a 1.830 euro in un anno: più di 152 euro al mese. Neonati e ultranovantenni inclusi.”
È evidente che la testata non ha approfondito neanche questa volta, i dati usati per i due articoli, diffusi dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (per gioco fisco e gioco on line) e dal Ministero delle Finanze, che ben evidenziano che la spesa reale degli italiani è di ca. 19 miliardi, il che comporta che i soldi giocati in realtà sarebbero 316 euro e se togliessimo i minorenni (che per legge non possono giocare) e gli ultranovantenni (che avranno di meglio da fare), si arriverebbe a meno di 50 centesimi al giorno di spesa. Come più volte ribadito da tanti i 110 miliardi sono il “giro d’affari” creato da quanto speso, da quanto prelevato dallo Stato, da quanto resta alla filiera e da quello che torna come vincite nelle tasche dei giocatori.
Ma quanto resta allo stato? Nel 2019 le entrate erariali dirette derivanti dai Giochi Pubblici sono state pari a 7,24 miliardi di euro e con l’aggiunta di quelle indirette porta ad un contributo totale di 14,99 miliardi di euro (dato certificato dal Dipartimento delle Finanze del MEF): la chiusura totale della rete di raccolta dello Stato porterà dunque ad una perdita per le casse dello stato di 602 milioni di euro al mese, considerando le sole entrate dirette.
E la filiera? Quelle centinaia di migliaia di punti che per i quali l’articolo loda la chiusura chi sono? Donne, uomini, famiglie che operano per conto dello Stato svolgendo un lavoro dignitoso, onesto, alla luce del sole, contribuendo con la propria attività affinché la passione degli italiani per il gioco non torni nelle mani della criminalità organizzata, dov’era prima che lo Stato affrontasse la situazione creando una rete controllata in ogni punto della filiera, con regole stringenti in materia di antimafia, antiriciclaggio, tutela della privacy e dalla salute pubblica, quella rete fatta da centinaia di migliaia di lavoratori che pagano le tasse, fanno girare l’economia, affiancano il giocatore, tutelandolo.
Certo, è facile sparare sugli operatori che lavorano nel comparto dei Giochi, dimenticandosi che sono imprese come tutte le altre, che hanno partecipato a gare pubbliche, hanno fornito garanzie, hanno aperto dei negozi, pagano dipendenti, utenze, fornitori e tasse.
Applaudire alla chiusura di un comparto produttivo è indegno, qualunque sia il credo dietro le proprie spalle!
Sarebbe molto più apprezzabile che un quotidiano di ispirazione cattolica, come Avvenire si definisce, si batta per far passare una Pasqua serena a chi cerca conforto, compresi i tanti lavoratori del comparto dei Giochi Pubblici.
Francesco Ginestra – Presidente A.GI.SCO. Associazione Giochi Scommesse