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Economia
08/07/2015 9:22 – Giochi: ricorsi, dimissioni, fusioni. Il comparto rischia di saltare nell’indifferenza generale ma a rischio ci sono 8,5 miliardi di euro di entrate
La fuoriuscita da Snai di un uomo esperto e influente come Francesco Ginestra è solo l’ultimo atto di una “guerra” in atto tra concessionari, gestori, amministratori, politici. “Non vedo futuro”, il monito del presidente Agisco.
Lo aveva annunciato ed ha mantenuto la promessa: Francesco Ginestra ha lasciato la Snai. Nei giorni scorsi infatti il presidente di Agisco (Associazione Giochi e Scommesse) ha esercitato “il diritto di recesso dal contratto di fornitura di servizi firmato con Snai. Non si può più andare avanti così, impossibile fare il nostro lavoro in queste condizioni. In questi giorni sono stato contattato da tanti miei colleghi che vogliono seguire la strada da me intrapresa.” La crisi del settore Giochi, l’inasprimento delle sanzioni, il calo delle giocate, la questione ludopatia, ma soprattutto il dibattito attorno alla delega fiscale hanno portato il comparto da tempo verso una situazione esplosiva, quasi da tutti contro tutti. Concessionari contro gestori, costruttori contro concessionari e gestori, concessionari contro concessionari, ecc..
Le dimissioni di Ginestra però non sono roba di poco conto. Parliamo infatti di un uomo che è da oltre 40 è nel settore Giochi, dal mondo d’oro dell’ippica ai giochi online dei nostri giorni. E soprattutto è stato vicepresidente Snai, una delle aziende più importanti. Abbiamo consegnato la Società alla nuova proprietà nel anno 2011 con oltre il 34% del settore, oggi la quota è scesa a poco meno del 20…”. Una decisione scaturita a seguito dell’ennesima convention della scorsa settimana da parte del concessionario, che ha visto la presentazione di tutte le attività già operative o in corso di lavorazione. “”Non mi trovo d’accordo sulle modalità con cui è gestita ora la società – ha detto Ginestra all’Agenzia Repubblica .. Non vedo futuro. Tanto per capirci: alla convention non c’è stato nessun dialogo con la platea. Ma i gestori sono allo stremo, molti stanno per chiudere. A questa situazione, purtroppo, non si vuole guardare. Sarebbe stato più democratico un bagno di umiltà e osservare gli operatori e una rete intera che si trova in difficoltà. Sono loro che fanno la forza di un concessionario. Mentre un trattamento simile nei confronti dei singoli operatori d’agenzia non lo posso accettare. Si parla di contratti, ma non si espongono i contenuti degli stessi. Manca totalmente il confronto e questo non è ammissibile. Tanti dei miei iscritti ad Agisco, ma anche tanti che non lo sono, mi hanno chiesto di poter uscire dai contratti con Snai e anche il nuovo contratto proposto dal concessionario è iniquo per il gestore”.
Quanto segnalato da Ginestra è facilmente riscontrabile in quanto le agenzie chiuse sono sempre di più, la direzione che si sta prendendo è quella di una gestione centralizzata delle scommesse nelle mani di pochi operatori. I motivi della crisi dei punti vendita sono comuni a tutte le reti, spiega ancora: “Le aziende non stanno più in piedi: i fatturati sono scesi, l’ricavo che percepiamo è troppo basso rispetto al lavoro che svolgiamo per il concessionario, il contesto di mercato è sfavorevole, senza considerare il buco nero dell’ippica che vive una crisi senza precedenti”. Eppure i numeri del mercato, nel suo complesso, sono buoni: “Il movimento è sicuramente in crescita ma c’è un eccesso di offerta distributiva: il fatturato di ciascun punto vendita non basta, i costi sono eccessivi”.
I mali secondo Ginestra, che pure vede di buon occhio il lavoro che sta portando avanti il sottosegretario Baretta, partono da lontano e la politica ha le sue colpe. “All’inizio i Monopoli di Stato (oggi Agenzie delle Dogane) – dice Ginestra – non era solo l’ente riscossore ma anche il gestore del mondo dei Giochi, quello che regolamentava il sistema. Oggi questo compito è stato delegato completamente alla politica coi rischi e i guasti che vediamo per un mondo, quello dei Giochi, che dona ogni anno al Paese 8,5 miliardi di tasse. Una piccola manovra economica che pure sembra essere snobbata. Il potere deve tornare ad essere centrale, Stato e Regioni, perché la disciplina comunale diventa un boomerang o un ginepraio di norme per un’azienda che investe da Aosta in Sicilia. Regole certe e uniformi, si può ripartire da qui. Sui limiti del numero delle macchine o sulla tracciabilità stessa dei giocatori attraverso la tessera fiscale così come accade per i distributori automatici di sigarette, possiamo tranquillamente giungere ad un’intesa”.
Certo, anche concessionari, gestori, costruttori hanno le loro colpe. Soprattutto quando attraverso divisioni al loro interno hanno causato una frammentazione della rappresentatività che sul fronte politico ha la sua influenza, negativa. “La fine della leadership delle scommesse sull’ippica – dice ancora Ginestra – è iniziata quando trotto e galoppo hanno cominciato a farsi la guerra”. Ma il presidente di Agisco ce l’ha anche con la normativa attuale che vede in Italia vede oltre 3mila negozi di scommesse autorizzati con concessioni dello Stato, circa 2.000 attualmente ancora in fase di sanatoria e ben oltre 3.000 invece di negozi di scommesse collegati a operatori esteri privi di concessione italiana che però raccolgono ugualmente scommesse sul territorio italiano. A questi si aggiungono poco più di trenta concessionari autorizzati per raccogliere gioco via internet e centinaia di siti ".com" collegati a operatori senza concessione.
E poi c’è la questione della fusione Snai-Cogetech. Un colosso destinato a minare la stessa leadership di Gtech-Lottomatica che però è ancora di là da venire nonostante gli annunci. “Non sono contrario per principio – dice ancora Ginestra – ma queste operazioni devono servire per rilanciare le aziende che si fondono non certo a sistemare solo i conti. Pensavo che i “fondi” che amministrano Snai avessero idee più lungimiranti e industriali, invece…”.
E intanto su tutto aleggia la pioggia di ricorsi presentati al Tar del Lazio da parte dei concessionari che hanno impugnato la sovrattassa da 500 milioni imposta dalla Legge di Stabilità 2015 alla filiera degli apparecchi da intrattenimento. Si richiede in sostanza l'annullamento nonostante la pronuncia a favore della stessa misura da parte del Consiglio di Stato. Insieme si chiede di porre la questione di legittimità costituzionale sulla tassa stessa che secondo tutti i ricorrenti avrebbe modificato in corso d'opera i rapporti di concessione e ha elevato il prelievo e la pressione fiscale in modo insopportabile per la filiera (concessionari, gestori, esercenti). La preoccupazione è tutta del vuoto normativo non colmato dalla Delega Fiscale che avrebbe dovuto intervenire e regolare anche percentualmente dopo il pagamento della prima trance da 200 milioni.