RASSEGNA STAMPA – CORTE GIUSTIZIA EUROPEA, LEGITTIMO BANDO MONTI
22/01/2015 | 08:20 – Scommesse, tra pochi minuti la sentenza della Corte Ue sul bando per 2000 agenzie: per lo Stato una gara da 70 milioni
ROMA – Una gara da oltre 70 milioni di euro, rispetto ai 22 previsti dal Governo: è quanto ha portato nelle casse dello Stato il bando per 2000 punti scommesse, su cui tra pochi minuti la Corte di Giustizia Europea esprimerà il proprio giudizio. I punti di gioco del bando sono stati assegnati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a maggio del 2013, ma da subito erano partiti i ricorsi per bloccarlo: proprio da uno di questi – presentato da Stanleybet in Consiglio di Stato – è arrivato il rinvio in Corte di Giustizia. Rinvii simili sono poi arrivati da altri tribunali – da quelli amministrativi, fino alla Cassazione – relativi anche ai ricorsi di altri operatori. Il rinvio non ha bloccato il bando, ma la Corte Ue dovrà valutare se il termine per le concessioni fissato al giugno del 2016 sia rispettoso della sentenza della Corte di Giustizia Costa-Cifone del febbraio 2012 e se sia legittima una durata delle licenze inferiore a quella stabilita dal ministero dell’Economia nelle gare svolte in precedenza. Si tratta della sesta volta che il sistema delle scommesse italiano finisce sotto esame in Corte di Giustizia: oggi è prevista quindi l’ennesima tappa della lunga battaglia legale fra lo Stato italiano e gli operatori che operano in Italia senza la concessione del Ministero delle Finanze. Secondo un recente censimento, in Italia sono circa 7 mila i punti collegati con operatori esteri non autorizzati.
Con il ricorso al TAR e poi al Consiglio di Stato, la Stanley International Betting Limited e Stanley Malta Limited avevano chiesto l’annullamento del bando di gara del 2012 per l’affidamento in concessione di 2.000 diritti per l’esercizio congiunto dei giochi pubblici, attraverso l’attivazione della rete fisica di negozi di gioco, da cui erano state escluse. Stanley lamenta il contrasto della norma – e del conseguente bando di gara – con le sentenze della Corte Comunitaria “Placanica” e “Costa-Cifone” a causa di discriminazioni nei confronti dei nuovi entranti, rispetto alla durata delle nuove concessioni, (di soli 40 mesi, laddove le precedenti concessioni avevano avuto durata di 12 e 9 anni). Secondo l’operatore estero, Aams avrebbe dovuto revocare le precedenti concessioni ed indire una nuova gara basata sui principi di parità di trattamento, trasparenza e non discriminazione. Nel quesito inviato a Lussemburgo prima della propria decisione, il Consiglio di Stato aveva chiesto se il diritto UE consenta che “vengano poste in gara concessioni di durata inferiore a quelle in passato rilasciate, laddove la detta gara sia stata bandita al fine di rimediare alle conseguenze derivanti dall’illegittimità dell’esclusione di un certo numero di operatori dalle gare precedenti” e se “l’esigenza di riordinare il sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni costituisca giustificazione adeguata di una ridotta durata delle concessioni poste in gara rispetto alla durata delle concessioni in passato attribuite”. NT/Agipro
22/01/2015 | 09:37 – Scommesse: conforme al diritto Ue la gara per concessioni di durata inferiore alle precedenti
ROMA – Il diritto dell’Unione è in contrasto all’organizzazione, in Italia, di una nuova procedura di gara volta all’attribuzione, in materia di giochi d’azzardo, di concessioni di durata inferiore alle precedenti. E’ questa la sentenza della Corte Ue sul bando per 2000 agenzie. "In Italia, l’organizzazione di giochi d’azzardo, compresa la raccolta di scommesse, è subordinata all’ottenimento di una concessione amministrativa e di un’autorizzazione di polizia – si legge nella nota ufficiale della Corte di Giustizia – Nel 1999, le società di capitali quotate in borsa sono state escluse dalle gare all’epoca indette per l’attribuzione di concessioni. La Corte di giustizia ha dichiarato l’esclusione di tali società incompatibile con il diritto dell’Unione". Per garantirne la conformità al diritto dell’Unione, l’Italia ha proceduto alla riforma del settore del gioco nel 2006 e, successivamente, nel 2012 in seguito a una nuova sentenza della Corte. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato ha quindi bandito, nel 2012, una gara per l’attribuzione di 2 000 nuove concessioni. La società britannica Stanley International Betting e la sua controllata maltese Stanleybet Malta (le «società Stanley») operano in Italia da circa quindici anni mediante «Centri di trasmissione di dati» («CTD») ubicati presso locali aperti al pubblico. I CTD mettono a disposizione dei giocatori il collegamento telematico e trasmettono le singole giocate alle società Stanley. Detti centri non dispongono né di titoli concessori né di autorizzazioni di polizia. Tale sistema è stato oggetto di diverse decisioni della Corte di giustizia. Ritenendo di essere state escluse dalle precedenti gare del 1999 e del 2006, le società hanno chiesto l’annullamento della gara del 2012 e l’organizzazione di una nuova. Hanno criticato la durata delle nuove concessioni (40 mesi), sensibilmente inferiore a quella delle precedenti (fra nove e dodici anni), nonché il carattere esclusivo dell’attività di commercializzazione dei prodotti di gioco e il divieto di cessione delle concessioni. Tali condizioni restrittive metterebbero in dubbio l’utilità della loro partecipazione alla gara, tenuto conto delle penalità legate alle cause di revoca, di sospensione e di decadenza della concessione (incameramento della garanzia e cessione, a titolo non oneroso, dell’uso di beni materiali e immateriali). Il Consiglio di Stato ha chiesto alla Corte di giustizia se il diritto dell’Unione ammetta una normativa nazionale che, in ragione di un riordino del sistema volto all’allineamento delle scadenze delle varie concessioni, preveda l’indizione di una gara per il rilascio di concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato. Nell’odierna sentenza, la Corte afferma innanzitutto che tanto la revoca e la ridistribuzione delle precedenti concessioni, quanto la messa a concorso di un numero adeguato di nuove concessioni potrebbero essere soluzioni appropriate per rimediare all’esclusione illegittima di alcuni operatori. Nella materia non armonizzata dei giochi d’azzardo, le autorità nazionali possono, in virtù del loro margine di discrezionalità, scegliere l’una o l’altra delle suddette soluzioni. La Corte sottolinea che i concessionari esistenti godono di un indebito vantaggio concorrenziale in quanto hanno potuto iniziare la propria attività alcuni anni prima degli operatori illegittimamente esclusi; tuttavia, i concessionari esistenti non ricevono vantaggi concorrenziali «ulteriori», in quanto le disposizioni controverse si applicano anche nei loro confronti. Inoltre, le società Stanley non possono essere propriamente qualificate come «nuovi entranti sul mercato», in quanto, pur senza possedere titoli concessori e autorizzazioni di polizia, operano in Italia da circa quindici anni. Peraltro, sebbene le nuove concessioni abbiano durata inferiore, esse sono anche meno onerose e meno impegnative economicamente. La Corte ne trae la conclusione che la normativa italiana rispetta i principi di parità di trattamento e di effettività. La Corte ricorda che le restrizioni alle attività dei giochi d’azzardo possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale (la tutela dei consumatori od anche la prevenzione delle frodi e dell’incitamento dei cittadini a spese eccessive legate al gioco), nonché dall’obiettivo della lotta contro la criminalità. I giochi d’azzardo rientrano peraltro fra i settori in cui sussistono tra gli Stati membri notevoli divergenze di ordine morale, religioso e culturale. In assenza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, il singolo Stato membro può, alla luce della propria scala di valori, identificare gli obiettivi perseguiti e valutare le esigenze che la tutela di siffatti interessi comporta. La Corte dichiara pertanto che, in tale peculiare contesto, il riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle loro scadenze può contribuire ad un coerente perseguimento dei legittimi obiettivi della riduzione delle occasioni di gioco o della lotta contro la criminalità collegata a detti giochi e non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi. Nell’ipotesi in cui, in futuro, le autorità nazionali intendessero ridurre il numero delle concessioni rilasciate oppure esercitare un controllo più rigoroso sulle attività nel settore dei giochi d’azzardo, misure di questo tipo sarebbero agevolate laddove tutte le concessioni fossero rilasciate per la stessa durata e la loro scadenza avvenisse nello stesso momento. Di conseguenza, la Corte dichiara che il diritto dell’Unione non osta a che l’Italia indica, ai fini di un allineamento temporale delle scadenze delle varie concessioni, una nuova gara volta all’attribuzione di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato. RED/Agipro
++Flash NEWS. Scommesse: CGE, legittimo il Bando Monti su 2000 licenze ++
"Il diritto dell’Unione non osta all’organizzazione, in Italia, di una nuova procedura di gara volta all’attribuzione, in materia di giochi d’azzardo, di concessioni per una durata inferiore alle precedenti". La CGE – segnala Agimeg – si è appena pronunciata sul bando Monti delle 2000 agenzie di scommesse. rg/AGIMEG
22/01/2015 | 09:37 – Scommesse: conforme al diritto Ue la gara per concessioni di durata inferiore alle precedenti/rpt
ROMA – Il diritto dell’Unione non è in contrasto all’organizzazione, in Italia, di una nuova procedura di gara volta all’attribuzione, in materia di giochi d’azzardo, di concessioni di durata inferiore alle precedenti. E’ questa la sentenza della Corte Ue sul bando per 2000 agenzie. "In Italia, l’organizzazione di giochi d’azzardo, compresa la raccolta di scommesse, è subordinata all’ottenimento di una concessione amministrativa e di un’autorizzazione di polizia – si legge nella nota ufficiale della Corte di Giustizia – Nel 1999, le società di capitali quotate in borsa sono state escluse dalle gare all’epoca indette per l’attribuzione di concessioni. La Corte di giustizia ha dichiarato l’esclusione di tali società incompatibile con il diritto dell’Unione". Per garantirne la conformità al diritto dell’Unione, l’Italia ha proceduto alla riforma del settore del gioco nel 2006 e, successivamente, nel 2012 in seguito a una nuova sentenza della Corte. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato ha quindi bandito, nel 2012, una gara per l’attribuzione di 2 000 nuove concessioni. La società britannica Stanley International Betting e la sua controllata maltese Stanleybet Malta (le «società Stanley») operano in Italia da circa quindici anni mediante «Centri di trasmissione di dati» («CTD») ubicati presso locali aperti al pubblico. I CTD mettono a disposizione dei giocatori il collegamento telematico e trasmettono le singole giocate alle società Stanley. Detti centri non dispongono né di titoli concessori né di autorizzazioni di polizia. Tale sistema è stato oggetto di diverse decisioni della Corte di giustizia. Ritenendo di essere state escluse dalle precedenti gare del 1999 e del 2006, le società hanno chiesto l’annullamento della gara del 2012 e l’organizzazione di una nuova. Hanno criticato la durata delle nuove concessioni (40 mesi), sensibilmente inferiore a quella delle precedenti (fra nove e dodici anni), nonché il carattere esclusivo dell’attività di commercializzazione dei prodotti di gioco e il divieto di cessione delle concessioni. Tali condizioni restrittive metterebbero in dubbio l’utilità della loro partecipazione alla gara, tenuto conto delle penalità legate alle cause di revoca, di sospensione e di decadenza della concessione (incameramento della garanzia e cessione, a titolo non oneroso, dell’uso di beni materiali e immateriali). Il Consiglio di Stato ha chiesto alla Corte di giustizia se il diritto dell’Unione ammetta una normativa nazionale che, in ragione di un riordino del sistema volto all’allineamento delle scadenze delle varie concessioni, preveda l’indizione di una gara per il rilascio di concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato. Nell’odierna sentenza, la Corte afferma innanzitutto che tanto la revoca e la ridistribuzione delle precedenti concessioni, quanto la messa a concorso di un numero adeguato di nuove concessioni potrebbero essere soluzioni appropriate per rimediare all’esclusione illegittima di alcuni operatori. Nella materia non armonizzata dei giochi d’azzardo, le autorità nazionali possono, in virtù del loro margine di discrezionalità, scegliere l’una o l’altra delle suddette soluzioni. La Corte sottolinea che i concessionari esistenti godono di un indebito vantaggio concorrenziale in quanto hanno potuto iniziare la propria attività alcuni anni prima degli operatori illegittimamente esclusi; tuttavia, i concessionari esistenti non ricevono vantaggi concorrenziali «ulteriori», in quanto le disposizioni controverse si applicano anche nei loro confronti. Inoltre, le società Stanley non possono essere propriamente qualificate come «nuovi entranti sul mercato», in quanto, pur senza possedere titoli concessori e autorizzazioni di polizia, operano in Italia da circa quindici anni. Peraltro, sebbene le nuove concessioni abbiano durata inferiore, esse sono anche meno onerose e meno impegnative economicamente. La Corte ne trae la conclusione che la normativa italiana rispetta i principi di parità di trattamento e di effettività. La Corte ricorda che le restrizioni alle attività dei giochi d’azzardo possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale (la tutela dei consumatori od anche la prevenzione delle frodi e dell’incitamento dei cittadini a spese eccessive legate al gioco), nonché dall’obiettivo della lotta contro la criminalità. I giochi d’azzardo rientrano peraltro fra i settori in cui sussistono tra gli Stati membri notevoli divergenze di ordine morale, religioso e culturale. In assenza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, il singolo Stato membro può, alla luce della propria scala di valori, identificare gli obiettivi perseguiti e valutare le esigenze che la tutela di siffatti interessi comporta. La Corte dichiara pertanto che, in tale peculiare contesto, il riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle loro scadenze può contribuire ad un coerente perseguimento dei legittimi obiettivi della riduzione delle occasioni di gioco o della lotta contro la criminalità collegata a detti giochi e non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi. Nell’ipotesi in cui, in futuro, le autorità nazionali intendessero ridurre il numero delle concessioni rilasciate oppure esercitare un controllo più rigoroso sulle attività nel settore dei giochi d’azzardo, misure di questo tipo sarebbero agevolate laddove tutte le concessioni fossero rilasciate per la stessa durata e la loro scadenza avvenisse nello stesso momento. Di conseguenza, la Corte dichiara che il diritto dell’Unione non osta a che l’Italia indica, ai fini di un allineamento temporale delle scadenze delle varie concessioni, una nuova gara volta all’attribuzione di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato. RED/Agipro
Scommesse: al centro della sentenza della CGE il bando Monti del 2013. Assegnò duemila concessioni, e fruttò allo Stato 73 milioni di euro
La Corte di Giustizia Europea si è pronunciata oggi sul bando Monti, la gara per l'assegnazione di concessioni ippiche sportive e virtuali che si è tenuta nel 2013. La gara metteva in palio 2.000 concessioni, le offerte sono state molto superiori, per 2.820 titoli. Dalla base d'asta di 11mila euro – ricorda l'Agimeg – si è così arrivati a una soglia di aggiudicazione di circa 21mila euro, con alcune offerte che sono arrivate a 102mila euro. Sotto questo profilo il bando è stato un successo, il Governo stimava di incassare 20 milioni di euro, ne ha percepiti 72,7. La CGE è stata chiamata a esaminare la durata delle concessioni, contenuta in 40 mesi per allinearne la scadenza a quella dei titoli emessi in precedenza – questi ultimi avevano durata di 9 o 13 anni – di modo che la rete venga azzerata e rimessa interamente in palio con la gara prevista per il 2016. Secondo i bookmaker esteri che da anni operano in Italia senza concessione – e si battono contro il sistema normativo, sostenendo che contenga norme discriminatorie – il bando Monti non avrebbe sanato la situazione. In pratica, la durata minore delle concessioni avrebbe rappresentato una nuova discriminazione: chi doveva entrare ex novo nel sistema avrebbe dovuto sostenere una serie di investimenti che non avrebbe avuto tempo di recuperare. rg/AGIMEG
Scommesse: a ottobre l'udienza del ricorso Stanley in CGE contro il bando per le 2000 agenzie
La sentenza pronunciata oggi dalla CGE, segue la trattazione orale del ricorso di Stanleybet contro il bando di gara per le 2000 agenzie di scommesse che si è tenuta lo scorso 22 ottobre. Il ricorso, dopo il rinvio del Consiglio di Stato, di altri Tar e della Cassazione, è giunto alla Corte di Giustizia Europea, dopo la richiesta di verifica del termine delle concessioni previsto per giugno del 2016 e della legittimità della durata. “Stanley” – si leggeva nella nota di introduzione della causa, in CGE – “lamenta il contrasto del d.lgs. 16/2012 con le citate sentenze a causa di discriminazioni nei confronti dei nuovi entranti, rispetto alla durata delle nuove concessioni". "Il Consiglio di Stato chiede alla Corte se il TFUE ed i principi affermati dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea ammettano che: vengano poste in gara concessioni di durata inferiore a quelle in passato rilasciate, laddove la detta gara sia stata bandita al fine di rimediare alle conseguenze derivanti dall’illegittimità dell’esclusione di un certo numero di operatori dalle gare precedenti; l’esigenza di riordinare il sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni costituisca giustificazione adeguata di una ridotta durata delle concessioni poste in gara rispetto alla durata delle concessioni in passato attribuite”. All’udienza – ricorda l'Agimeg – erano presenti gli avvocati di Stanleybet e l’avvocato di Stato, oltre ad Italo Volpe, direttore dell’Ufficio normativa dell’Adm. "Dietro l’allineamento delle licenze si nasconde la protezione dei concessionari storici”. aveva detto in udienza l’avv. Agnello (Stanleybet International). Secondo il legale i concessionari storici avrebbero ottenuto “il diritto ad operare con la gara del Coni del 1999, gara dichiarata contraria al diritto comunitario dalle sentenze Gambelli e Placanica, oltre ad ulteriori vantaggi con il bando Bersani del 2006. (…) Si è così creato uno squilibrio competitivo tra i nuovi concessionari rispetto a quelli già presenti sul mercato, che hanno avuto 13 o 9 anni per realizzare i loro ammortamenti”, aveva detto. "Non rendere remunerativo l’investimento a causa della limitata durata delle concessioni, appare smentito dalla partecipazione alla gara da parte di numerosi gruppi di operatori anche stranieri", aveva invece replicato Sergio Fiorentino, dell'Avvocatura di Stato. Gli investimenti iniziali non sono proibitivi e comunque possono rientrare “nell’arco di un quadriennio – aveva proseguito. "Non è chiaro comunque quale possa essere il vantaggio dato ai procedenti concessionari. Stanleybet opera sul mercato italiano da tempo e dispone di esercizi affiliati dotati di mezzi telematici, schermi televisivi e per il virtual gaming. Chi dispone di una rete del genere potrebbe utilizzarla nell’attività di concessione, visto che ha già ammortizzato gli asset in questione”, aveva chiarito.